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COME IMPARARE A LEGGERE – E GESTIRE – I FALLIMENTI SCOLASTICI

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Quando parliamo di fallimento scolastico credo che sia importante anzitutto definire a che cosa e a chi ci si riferisce.

A che cosa: penso che non si possa ridurre l’insuccesso scolastico unicamente al voto negativo o al risultato ottenuto (la bocciatura) ma che lo si debba considerare anche nei casi in cui ci sia un disinvestimento nella scuola da parte dei ragazzi: perdita di motivazione, di fiducia, malessere nelle relazioni coi compagni e con gli insegnanti, situazioni di abbandono.

A chi ci si riferisce: credo che non riguardi soltanto lo studente o la studentessa ma tutte le agenzie educative coinvolte, in primo luogo la scuola e la famiglia.

L’ insuccesso scolastico suscita emozioni di delusione, di vergogna, sensi di colpa, preoccupazioni; la cosa particolare è che queste stesse emozioni possono coinvolgere i figli e le figlie così come i genitori e quindi a volte è difficile distinguere chi è il reale “destinatario” di questa valutazione negativa: è il figlio o il genitore? A volte c’è un coinvolgimento tale per cui sembra che l’esito dell’insuccesso sia da parte dei genitori e quindi la valutazione scolastica sia metro di misura della valutazione della capacità genitoriale.

Che cosa può fare un genitore? Io credo anzitutto che debba differenziare quelle che sono le proprie aspettative, i propri bisogni da quelli che invece sono del figlio o della figlia. E’ poi importante non far dipendere né il proprio valore di genitore né quello del figlio dal risultato scolastico (c’è molto più di questo!); in terzo luogo credo che sia essenziale capire le motivazioni che ci sono dietro a quanto accaduto e quindi aprire un dialogo con i propri figli e le proprie figlie e anche con la scuola e gli insegnanti, proprio per andare oltre al fatto in sé.

Infine, penso sia importantissimo leggere l’insuccesso scolastico anche in termini di opportunità. In una società come quella attuale che promuove il successo a tutti i costi, una bocciatura può essere l’occasione giusta per fermarsi a riflettere e comprendere che il fallimento, l’errore, fanno parte dell’esperienza umana e bisogna accettarli. Non bisogna insegnare ad evitare l’insuccesso o a non avere insuccesso, quanto piuttosto a stare nell’errore, nello sbaglio e a reagire, a ricostruire, a ripartire in un modo diverso proprio da questa esperienza.

Giovanna Beck, psicologa e psicoterapeuta, equipe CIAIPE

 

 

 

 

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