L’attacco all’Ambasciata Francese e al Quartier generale dell’esercito nella capitale del Burkina Faso Ouagadougou, venerdì scorso, ha avuto ben poca eco sui media italiani. Eppure il numero delle vittime è tutt’altro che irrilevante: 16 morti (di cui 8 soldati burkinabé e 8 assalitori) e 80 feriti.
Abbiamo chiesto a Beatrice Carosi, project manager presso la nostra sede in Burkina Faso, di raccontarci il clima che si respira.
“Il giorno seguente all’attentato, è arrivata la rivendicazione da parte del ‘Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (GSIM)’ del capo storico maliano Iyad ag Ghali. La sera la città e deserta e le camionette dell’esercito girano per le vie senza sosta. Le forze di sicurezza sono tese, la paura é ancora forte; la popolazione ha paura ed é scoraggiata e sconvolta da questo attacco che ancora una volta ha colpito indisturbato il cuore della capitale. Nei giorni successivi la vita riprende, caotica e sorridente, ma la ferita é ancora li si vede nei visi della gente, vogliono capire chi é, perché e cosa li aspetta per il futuro; vogliono giustizia, vogliono vivere in pace.
Lo staff CIAI riprende il suo lavoro sul terreno e vicino alle popolazioni. La ragione per cui siamo qui in Burkina Faso é oggi ancora più evidente”.